Presidente, si dimetta

Egregio Presidente Berlusconi,

torno a scriverLe dopo più di un anno, proprio oggi, all’indomani della vittoria dei sì nei referendum. Quell’ultima volta esprimevo tutta la mia indignazione nei Suoi confronti e nel governo da Lei rappresentato. Oggi, più che altro, vorrei commentare. E, se possibile, capire.

Parto da una considerazione inequivocabile: Lei, Presidente, ha perso. Nettamente e clamorosamente. E ha perso almeno cinque volte. Ha preso il Suo governo, il Suo partito, la Sua coalizione, la Sua filosofia politica e ha perso Lei come persona. Non è niente di incredibile, in democrazia succede. Anzi, credo sia il sale stesso della democrazia: opinioni diverse, opposte e contrapposte, si confrontano e chiedono il responso ai cittadini. Qualcuno vince, qualcun altro perde. Perché Presidente non riesce ad ammetterlo? Perché, in diciassette anni di carriera politica, di cui quasi undici da Premier, non è mai stato in grado di ammettere una sconfitta? Nel ’96 diede la colpa a Bossi, nel 2006 alle schede truccate, nelle ultime amministrative ai candidati troppo deboli. Altre volte la colpa, a Suo dire, è dell’accanimento giudiziario nei Suoi confronti, delle toghe rosse, dei mezzi d’informazione ostili (ostili??). Lei Presidente in tutti questi anni si è sempre trincerato dietro un vero o presunto sostegno popolare. Il Suo populismo ha spesso toccato picchi incredibili e mirabolanti: ha incitato il popolo all’embargo contro quotidiani come Repubblica, ha incitato il popolo all’evasione fiscale, ha incitato il popolo a ribellarsi contro la magistratura. Ebbene Presidente, oggi è quello stesso popolo a respingere Lei e l’Italia che Lei ha cercato di imporre.

Lasciamo stare i due referendum sull’acqua e quello sul nucleare. Prendiamo soltanto quello sul legittimo impedimento: si rende conto, Presidente, che quello altro non era che un quesito indirizzato a Lei e a Lei soltanto? Si rende conto

Torno a chiederLe: perché non riesce ad ammetterlo? Perché non riesce ad avere la coscienza, la maturità e il buonsenso di fare un passo indietro?

Lei e i Suoi spesso, molto spesso, avete fatto ironia più o meno feroce sulle continue divisioni a sinistra, sulle dimissioni e successioni di leader e segretari. Non La biasimo per questo. Anch’io ho più volte, e con ben poca moderazione, ironizzato su tutto questo. Ma, scissioni suicide a parte, le dimissioni a sinistra significano presa di coscienza, ammissione dei propri errori. Veltroni ha perso due elezioni e l’appoggio della base: cosa ci doveva essere di più logico delle dimissioni? D’Alema, da Presidente del Consiglio, fece lo stesso nel 1999.

Perché Presidente non riesce a capire che chiederLe le dimissioni non è una congiura nei Suoi confronti, ma solo una semplice e sacrosanta difesa dei principi della democrazia?

Leggo nei giornali di oggi dichiarazioni assolutamente sconcertanti.

Secondo Lei la vittoria ai referendum è dovuta soltanto (cito testualmente) “all’onda emotivo per il disastro in Giappone”. Inoltre, dalle urne uscirebbero vincitori soltanto Vendola, Di Pietro e la piazza, mentre Bersani e il Pd sarebbero gli unici grandi sconfitti.

Mi permetta Presidente, ma queste Sue affermazioni non solo sono ridicole e lesive dell’intelligenza di chi legge, ma sono anche volgari. Volgari perché prima di tutto Lei scredita e offende ventisette milioni di italiani che tra domenica e lunedì hanno affollato i seggi elettorali per esprimere le proprie idee, scredita e offende la coscienza, l’intelligenza e le idee di ventisette milioni di italiani, liquidandole come fanciullesche reazioni a una paura diffusa, figlie trascurabili di allarmismi immotivati. E volgari anche perché, indicando Vendola e Di Pietro come unici vincitori, Lei fa il gioco sporco di chi ha paura e risponde minimizzando e travisando. Ovvio che leggere in questo modo riduttivo i risultati Le fa comodo: le percentuali, importanti ma esigue, di Sel e Idv, rappresentano per Lei una minaccia relativa. È il Pd, in questo particolare momento, a farLe paura.

Infine, io credo Presidente che quella dei referendum non sia una vittoria né del Pd, né di Sel, né di Idv. Credo sia semplicemente una vittoria del popolo. Un popolo che Le chiede, democraticamente, pacificamente e civilmente, di dimettersi. Un popolo che alcuni partiti, movimenti ed esponenti politici hanno saputo, a differenza Sua, ascoltare e comprendere. Se poi questo popolo sceglierà al Suo posto Bersani, Vendola, Di Pietro o ancora la Sua coalizione, saranno nuove elezioni a stabilirlo.

A Lei la scelta. Può decidere di dimostrare di credere nelle istituzioni democratiche che in questo momento rappresenta e rimettersi immediatamente alla volontà dei cittadini. Oppure può decidere di trincerarsi verso una difesa cilena del Suo potere e ignorare la voce di un’Italia che chiede di essere ascoltata. E rispettata.

Io, come almeno altri ventisette milioni di cittadini, attendo risposta.